NORA JONES
Nel febbraio 2002 l’America stava ancora emergendo dall’incubo degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 e la voce e la musica di Norah – pura, calda, rassicurante – emozionò gli ascoltatori di tutto il mondo.
Norah si era trasferita dal Texas a New York nel 1999 dopo aver trascorso due anni come pianista jazz presso la University of North Texas. Mentre suonava jazz nei ristoranti della città, Norah si era innamorata di una cerchia di cantautori – tra cui Jesse Harris e Richard Julian – che spesso si esibivano al Living Room nel Lower East Side, ispirandola ad ampliare un percorso creativo che si sarebbe palesato di lì a poco.
Il giorno del 21° compleanno di Norah, Shell White, impiegata della EMI Publishing che l’aveva ascoltata in occasione di un jazz brunch, organizzò un incontro con l’allora presidente della Blue Note Bruce Lundvall. Un mese dopo Norah era nell’ufficio di Lundvall con un CD demo di 3 canzoni, che includeva due standard jazz: “Walkin’ My Baby Back Home” e una versione straordinariamente spavalda di “Spring Can Really Hang You Up The Most” che Norah aveva registrato nella sala del suo liceo, accompagnandosi al pianoforte. L’ultima canzone del CD era una creatura di Harris, di stampo cantautorale, con il compositore alla chitarra acustica e Lee Alexander al basso.
Poco dopo, Lundvall firmò un contratto per una prova con Norah, che entrò in studio di registrazione decisa a concentrarsi principalmente su nuovi brani originali scritti sia da lei che da Harris e Alexander. “La prima canzone che abbiamo realizzato in quelle sedute era di Jesse, ‘Don’t Know Why’: non l’avevamo ancora suonata dal vivo”, ricorda Norah nelle note di copertina della nuova collezione. “Buona la prima, fantastico: uno di quei momenti magici in cui tutto risulta facile. Quando siamo tornati nella sala di controllo per ascoltare, [il tecnico del suono] Jay [Newland] era al settimo cielo. Ha conquistato subito la mia fiducia per il resto della seduta e ha dato una forma sonora a quanto stavamo ricercando. Dopo tutto ciò che è stato detto e fatto, è stata proprio questa versione a finire nel disco finale, con la sola aggiunta di qualche armonizzazione e la sovraincisione di una seconda chitarra.”
Lundvall si innamorò del risultato e mise sotto contratto Norah come artista Blue Note. A quel punto iniziarono subito i preparativi per registrare l’album di debutto. “New Moon Daughter di Cassandra Wilson era stato uno dei miei album preferiti ed è stato una grande ispirazione per il disco che intendevo realizzare”, scrive Norah. “Dato che amavo quelle scelte timbriche (bellissime chitarre, sia slide che acustiche) e lo stile della produzione, chiesi a Bruce di incontrare il produttore, Craig Street. Ci siamo incontrati un paio di volte e siamo andati subito molto d’accordo. Gli piacevano i miei demo e disse che avremmo dovuto pubblicarli come disco – o usarne comunque la maggior parte – ma ero davvero determinata ad esplorare un’atmosfera un poco diversa, ed ero certa che lui avrebbe potuto aiutarmi nella ricerca.”
Norah e Street entrarono negli Allaire Studios (vicino a Woodstock nello stato di New York) con alcuni dei suoi musicisti preferiti, tra cui Bill Frisell e Kevin Breit alle chitarre, Brian Blade e Kenny Wollesen alla batteria, Rob Burger alla fisarmonica e all’organo e Lee Alexander al basso. “Quasi tutto ciò che abbiamo registrato sembrava speciale. Abbiamo ri-registrato la maggior parte delle canzoni dei demo per vedere che direzione avrebbero potuto prendere”, ricorda Norah. Ma durante la sessione di mixaggio Norah cominciò a chiedersi se si fossero spinti troppo lontano con alcune delle canzoni, e a riflettere se Craig Street alla fine non avesse ragione sulla forza dei demo precedenti.
Dopo aver consegnato i mix degli Allaire Studios alla Blue Note, Lundvall giunse alla stessa conclusione: le nuove registrazioni si erano allontanate troppo da ciò che era tanto speciale nei demo. Fu deciso che Norah dovesse tornare in studio per ricominciare, questa volta con Arif Mardin alla produzione. Finirono per mantenere tre canzoni provenienti dalle sedute degli Allaire Studios (“Seven Years”, “Feelin’ The Same Way” e “The Long Day Is Over”), due dai demo (“Don’t Know Why” e “Turn Me On”), e in più registrarono nove canzoni aggiuntive che si avvicinavano maggiormente allo spirito dei demo. L’album che ne risultò divenne Come Away With Me.
Ora, 20 anni dopo, Norah ha deciso di pubblicare la “versione Allaire” dell’album. “È stato un po’ come viaggiare nel tempo in un ‘universo alternativo’ dell’album che nessuno ha mai sentito”, dice. “Quando ho contattato Craig per parlargliene, mi ha suggerito di chiedere a Tony Maserati di metter mano alle registrazioni per equilibrare le parti. Questo ha portato la mia voce in primo piano, e posso finalmente riascoltarmi ‘da piccola’ – a 22 anni – a provare cose nuove, in sintonia con la musica che mi circonda. Rivisitare queste sedute dopo averle ascoltate solo una volta negli ultimi vent’anni è stata una bella sorpresa. Sono stata così felice di ritrovare finalmente Craig e ultimare ciò che avevamo iniziato insieme. Ho imparato molto da lui, penso sempre a quel periodo passato come a un sogno, e provo ancora quella sensazione nell’ascoltare queste registrazioni.”
Nel riflettere su Come Away With Me, Norah aggiunge: “Ero incredibilmente fiera di questo album e così grata a tutti coloro che l’hanno realizzato con me … Ho pensato che fosse un buon primo tentativo e ho sentito che rifletteva davvero chi ero – musicalmente – in quel momento, il che mi ha fatto provare un certo orgoglio – insomma, tutto ciò che si può desiderare quando si realizza un disco. Infine ho provato gratitudine per il fatto di avere avuto la chance di esplorare percorsi differenti prima di giungere ad una sintesi finale. Nessuno, nemmeno l’etichetta, aveva idea del successo che il tutto avrebbe di lì a poco conquistato. Sono sempre grata a Bruce ed allo straordinario team di Blue Note per avermi dato la possibilità di trovare il mio sound, e di non avermi mai imposto una visione ed un’identità artistica differente.”