MARRACASH: “ABBIAMO AVUTO IL CORAGGIO DI FAR CADERE GLI STEREOTIPI SU GENERI SESSUALI E CATEGORIZZAZIONI…”
Marracash, ospite dell’ultima puntata de “Le Iene”, mette a nudo le contraddizioni di una società a cui piace raccontarsi come sempre più inclusiva mentre non riesce a fare davvero i conti con quella che per lui è la disuguaglianza più grande.
Viviamo in un momento storico pieno di contraddizioni.
Da una parte, ad esempio, abbiamo schiere di attivisti sui social, dall’altra, però, la partecipazione alla vita politica del paese è ai minimi storici. O pensate al dibattito sulla libertà d’espressione o sull’appropriazione culturale: la società ti dice che puoi essere quello che vuoi, vestirti da rocker e adottare un’estetica queer, ma non, ad esempio, interpretare un personaggio gay in un film se non lo sei.
Ma tra le tante contraddizioni che stiamo tutti vivendo c’è una, che a me che lavoro con le parole, colpisce particolarmente: quella tra inclusività ed esclusività.
“Inclusività”, vera o ostentata che sia, è la parola del momento. Il diktat per ogni serie tv, film, festival, convegno, comizio, dall’intrattenimento alla politica.
Ma in maniera quasi uguale e contraria c’è una forte spinta all’esclusività, forse meno sbandierata ma ugualmente centrale nella narrativa di oggi.
Tutti sognano di entrare in locali esclusivi, il mito del prive e della selezione all’ingresso, vacanze in posti inaccessibili agli altri, scarpe e capi di abbigliamento numerati e super limited, voli su jet privati su cui viaggiare da soli o quasi, in altre parole un lifestyle esclusivo, irraggiungibile ai comuni mortali.
È come se, tra le tante categorie che oggi consideriamo importante, tutelare e includere se ne sia dimenticata una, esclusa da sempre: i poveri.
È come se la società ti dicesse “ok puoi essere bianco, giallo, verde, e puoi avere qualsiasi orientamento sessuale, ma non puoi essere povero, di quello dovresti ancora vergognarti”.
E la cosa diventa ancora più drammatica quando questa esclusione non è solo dalla cosiddetta vita mondana ma anche dall’istruzione – visto com’è messa la scuola pubblica – dall’accesso alla cultura e quindi alla competenza e al mondo del lavoro, per non parlare dell’accesso alla salute e soprattutto alla salute mentale, ancora non pienamente riconosciuta dalla sanità pubblica e che quindi devi praticamente pagarti da solo.
Insomma, in questi ultimi anni abbiamo avuto il coraggio di mettere in discussione concetti disgustosi come la razza, di guardare al nostro passato finalmente con occhio critico, di far cadere gli stereotipi sui generi sessuali e le categorizzazioni ma forse non siamo ancora pronti a mettere in discussione l’ultimo vero grande tabù e il padre di tutte le disuguaglianze: il denaro.